Parola e silenzio

Qualcuno mi ha chiesto perché non abbiamo più scritto.
Rispondo volentieri: ed è occasione per riprendere un dialogo.

I motivi sono tanti, e i più diversi.
C’è una certa indolenza: l’angoscia attraversata nei mesi scorsi svuota corpo e voce.
C’è come una “sospensione” del tempo: l’assenza delle celebrazioni e i giorni (per me) quasi tutti uguali non aiutano a percepire con chiarezza la distanza temporale (solo ora mi rendo conto che la domenica di Pasqua è passata già da un mese).
C’è l’impegno in tante altre relazioni e storie: tutte da ricostruire e reinventare in modo nuovo. E non è facile dare ordine e tempi giusti.

Ma, con questo e oltre tutto questo, c’è qualcosa di più profondo e più forte.
Mi reso conto di essere stato anch’io travolto dalla pandemia.
Pensavo di poter riuscire a galleggiare. Credevo di riuscire a stare sopra.
Ma il cielo scuro, l’aria pesante, il respiro affannato erano entrati dentro.
Me sono accorto solo ora, che sta tornando un po’ di sole.

Chi mi ha accompagnato nella vita e nella fede, mi ha insegnato, ogni tanto, a fermarmi. Lasciare acquietare le acque. Lasciar emergere. La strada della verità, su noi stessi e sul mondo, non è fatta di forzature, ma di trasparenza.
Ma, da fine febbraio, ero troppo preso da letture di bollettini e virus, di storie e di contagi. Troppo preso dal servizio agli ospiti alla Casa della Carità. Troppo preso dalle responsabilità più grandi che si affacciavano.

Quando, vicino Pasqua, come Nuova Parrocchia, abbiamo aperto questo semplice blog, ho confidato a qualcuno che avevo tanto da raccontare: persone, volti, storie, gesti di condivisione, di dono, di incoraggiamento. Abbiamo iniziato a scrivere qualcosa.
In quel periodo, afferrato da tante cose, mi ha colpito una frase semplicissima: “questo tempo ancora non lo sappiamo leggere”. Sì, è questo il grande racconto di Pasqua, di ogni Pasqua in ogni tempo: per comprendere, accogliere, vedere in profondità occorrono occhi nuovi. E non si improvvisano.
Non sempre tanti pensieri, tante parole, tante voci aiutano.
Meglio fermarsi un attimo.

Nel silenzio di questo mese tanto è sedimentato.
Ora l’acqua è più chiara, l’angoscia sta lasciando a speranze nuove, la strada comincia a farsi più luminosa. E anche dentro, il lavoro del Signore risorto, a plasmare e fare nuove tutte le cose, inizia a dare frutto.
Questi giorni sono ben stampati nel cuore e nella memoria: ora cominciano a fare un po’ meno male. E si può iniziare a riprendere la parola. Non che le prime parole fossero sbagliate o fuori posto: semplicemente incomplete.
O forse troppo cariche di attese.

E il desiderio grande è di ritrovarci insieme, la domenica, in assemblea, ad ascoltare una Parola che è fondamento di tutte le altre. Una Parola che consola, dà forza, apre strade.
Quel giorno non è più così lontano.

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